Ad AGCOM il monopolio telefonico piace?

di Michele Baratelli 1

I principali operatori concorrenti di Telecom Italia sulla rete fissa, Fastweb, Vodafone, Tele2, Wind e BT, “non ci stanno” e ribadiscono la propria contrarietà alla decisione adottata da AGCOM relativa all’aumento del canone di unbundling, il prezzo all’ingrosso pagato dagli operatori concorrenti per l’affitto delle linee di Telecom Italia. In poche parole ciò significa un maggior costo per tutti gli “operatori telefonici virtuali” che, come conseguenza, diminuiranno investimenti e offerte.

Agcom con questa decisione ha modificato la politica che aveva contraddistinto negli ultimi anni il suo intervento volto all’apertura alla concorrenza del mercato della telefonia fissa. L’incremento dei costi deciso rende non più conveniente il ricorso all’unbundling ed interrompe quindi i programmi di investimento degli operatori alternativi nelle aree del Paese ad oggi ancora non coperte direttamente.

L’inversione di tendenza deliberata oggi presenta poi evidenti ed ulteriori limiti: non tiene conto dell’esito market test condotto attraverso la consultazione pubblica realizzata nei mesi scorsi, contraddice numerose evidenze contrarie all’aumento del canone di ULL, comporta un prospettico e forte arretramento del livello della concorrenza, innalza indebitamente i costi degli operatori concorrenti di Telecom Italia favorendo la creazione di ingiustificati margini di profitto per l’operatore ex-monopolista, disincentiva gli investimenti nella rete di nuova generazione da parte della stessa Telecom Italia e riduce significativamente le risorse a disposizione degli operatori alternativi per investimenti nella rete.

Con questa decisione, Agcom si posiziona quindi in netta controtendenza nel panorama delle telecomunicazioni in Europa. In questo contesto poi, la decisione di far decorrere le nuove condizioni dal 1° gennaio 2009 rappresenta una vera peculiarità: essa pregiudica per gli operatori infrastrutturati, che pagano il canone ULL a Telecom Italia, la possibilità di ripetere sui propri prezzi retail l’incremento subito, creando quindi, ed è paradossale che ciò avvenga a opera di una Autorità di regolamentazione, un evidente ed oggettivo danno.

[via|Avvenire]

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